Ho letto per la prima volta la storia di Nunzio Toscano sul sito Barinedita (autrice Mina Barcone). L’intervista mi ha talmente incuriosito da voler capire come si pesca in Australia. Per queste ragioni ho aggiunto Nunzio su Facebook e ci siamo fatti una bella chiacchierata. Ma prima di parlare di come pescare in Australia, vi presento Nunzio.
Nunzio Toscano, napoletano di 38 anni, in Italia ha lavorato come percussionista ma dal lontano 2013 è ormai approdato in Australia, precisamente a Perth. Oggi mi piace parlare di Nunzio perché credo che possa diventare l’ispiratore di un sogno ormai da lui centrato.
Nunzio ha scelto l’Australia per avere una nuova possibilità: imparare l’inglese, consigliato da un suo amico. Questa scelta si rivelerà preziosa perché la nuova meta gli garantirà di progredire nel suo lavoro e di divertirsi e sfamarsi con il suo hobby, la pesca sportiva e ricreativa.
Infatti dopo il primo visto della durata di un anno grazie all’Holiday Working Visa, finalmente ottiene il visto permanente chiamato Distingueshed Talent Visa il quale permette la cittadinanza australiana ai professionisti culturali.
Da qui acquista un fuoristrada che trasforma in un camper perché decide di viaggiare in lungo e largo per l’Australia, un po’ per lavoro, un po’ per pescare. La pesca sarà la sua fonte di sostentamento e un modo per garantire piccoli regali ad amici e conoscenti che lo ospitano o gli conservano l’attrezzatura.
Il suo approccio alla pesca australiana è arrivato tramite il surfcasting. Inizialmente non è stato semplice in quanto in Italia si utilizzano fili più sottili per le spiagge e i pesci australiani. Questo ha portato a diverse rotture dei finali. A queste latitudini è possibile incontrare pesci di grosse dimensioni già vicino il bagnasciuga come il dhufish, animale che può arrivare ad un peso di 10 chilogrammi o la cernia blu chiamata blue groper.
Per non parlare dei dentici australiani, di ottime dimensioni, catturabili lanciando vicino la barriera. Questo connubio di pesci e posti incantevoli è favorito dal fatto che in Australia c’è una concentrazione di persone molto alta nelle città. Uscendo, si troveranno posti incontaminati un po’ per il senso civico dei cittadini, un po’ per le politiche di contrasto dell’inquinamento dove sono inclusi i numerosi controlli dei rangers.
E dopo questa bella introduzione su Nunzio, ecco cosa mi ha raccontato rispondendo alle mie domande:
1- Nunzio, quali sono le differenze tecniche tra la pesca in mare e in oceano?
La differenza tra la pesca in mare ed in oceano sostanzialmente consiste nel aumentare la grandezza dei terminali ed abituarsi a pescare con attrezzatura più pesante. Le coste australiane (Western Australia) sono selvagge e il possente moto ondoso crea onde di oltre 20 metri in alcuni punti. Le forte correnti, e soprattutto grossi pesci, sono fattori di cui tenere conto perché rendono le cose un po’ più complicate. Basti pensare che da alcune scogliere si possono catturare grossi esemplari di dentici, cernie, ricciole, tonni ed addirittura marlin. Quindi bisogna prepararsi con terminali da 1 mm di diametro ma personalmente non mi spingo oltre lo 0,75. Spesso quando si pesca dai kliff (costoni) ci si trova oltre 10 metri sopra il livello del mare e già molte volte ho alzato i pesci letteralmente di peso. Così ho fatto con alcuni dentici di circa 10 chilogrammi. Ma purtroppo non va sempre bene e molti li ho persi ma fa parte anche del gioco.
2- Quali sono i principali spot che ci sono in Australia? Quali sono le difficoltà in cui ci si può trovare la prima volta chi non è mai andato a pescare in oceano?
In Australia ci sono infinite possibilità e spot di pesca. Ci sono migliaia di chilometri di spiagge nei National Park e con i 4×4 puoi raggiungere località remote pescando in condizioni meravigliose e addirittura fare camping sullo spot. Per non parlare delle grandi scogliere del Sud che sono maestose e regalano catture indimenticabili. Sebbene sia doveroso ricordare che il rock fishing in Australia è stato definito uno degli sport più pericolosi: miete migliaia di vittime all’anno. La causa sono le grandi king waves: queste onde si infrangono sulla costa con violenza, senza preavviso, in situazioni apparentemente calme. Non a caso il Governo australiano ha provveduto a creare delle ancore alle scogliere (negli spot più turistici e famosi) fissando dei ganci incastonati nella roccia. Qui i pescatori provvedono obbligatoriamente ad ancorarsi con l’adeguata attrezzatura: si tratta di un giubbotto salvagente con trapezio, moschettoni e una corda di sicurezza per evitare così di essere trascinati in oceano aperto. Poi ci sono gli inlet. Sono praticamente dei laghi salmastri con sfociature in Oceano. Un po’ come i nostri estuari. Ottimi per la cattura dei Black Bream (molto simile alla nostra orata) ma che vive in acqua dolce/salmastra e anche in Oceano con una variante della specie, i Silver Bream o Tarwhine. Anche grossi Malloway (nostra ombrina) sono catturate negli inlet e sulle spiagge. Gli esemplari oceanici raggiungono dimensioni pazzesche di oltre i 25 kg e 140 cm di lunghezza.
3- Quali sono le differenze tecniche tra rock fishing in Italia e in Australia?
Qui in Oceano i terminali sottili sono lo 0,40. Solo negli inlet si pesca a spinning con artificiali e lenze sottili tipo lo 0,25. Ma in oceano il diametro medio deve essere lo 0,60/0,70. Per poi andare ad aumentare ulteriormente il diametro in base alle condizioni marine e dello spot. La tecnica del rock fishing è molto simile tra Australia e Italia. Io uso una montatura molto semplice ed efficace: girella a 3, filo madre, terminale e piombo. Il bracciolo del terminale deve essere lungo appena 50/60 cm e quello del piombo 2,5 metri per allontanarsi dalle rocce e dalle alghe. Bisogna riuscire ad alzare l’esca almeno un metro dal fondo. E’ inutile complicare le cose in un mare come quello australiano dove ci sono pesci enormi e moltissimi predatori. Mentre una tecnica mai vista da me in Italia, è la pesca col palloncino: è utilizzata per catturare grossi esemplari di Ocean Makarel, tonni , marlin ed altre specie . Un po’ come il light drifting ma dalla scogliera. Gli australiani usano l’elio per riempire il palloncino e con la forza del vento in giornate di vento di terra calano le esche. Il palloncino sarà distante circa venti metri dal terminale e si lascia volare per trasportare l’esca a distanze anche di 400/500 metri da riva.
4- Nunzio, in Australia pratichi anche il kayak fishing. Puoi dirci qualcosa in più? Qual è la tua esperienza?
In realtà pratico da poco la pesca in kayak. Il segreto è arrivare sui reef ovvero sulle secche. Al nord dell’Australia devi pagaiare per 1,5/2 chilometri per arrivare su questi spot. L’ambiente è a dir poco spettacolare. Qui troviamo un’acqua alta anche solo un metro e c’è una biodiversità molto importante. La barriera è costituita da coralli per cui la tecnica favorita è lo spinning. Ad esempio, pescando a fondo, la lenza si spezza molto facilmente. Purtroppo in questo habitat non è semplice pescare i pesci grossi perché contrastare la loro potenza nelle fughe non è semplice e appena il trecciato tocca il corallo si taglia facilmente. E poi ricordo ancora un giorno: ho provato ad oltrepassare il reef per cercare acque più profonde. Ho fatto un incontro con uno squalo toro di oltre 3,5 metri. Un incontro meraviglioso ma appena è ritornato verso il fondo sono scappato anche un po’ per la paura. Anche perché uscire oltre i reef significa incontrare onde importanti, che rischiano di ribaltare il kayak, e correnti oceaniche di notevole intensità. Naturalmente bisogna guardare sempre le previsioni meteo e tenere sempre sotto controllo il vento da terra. Per concludere: uscire in kayak è un’esperienza unica ma bisogna stare particolarmente attenti, soprattutto dopo il reef, dove è altamente probabile incontrate gli squali. E’ inutile dire che pescare in kayak in Australia è altamente proficuo per le catture: puoi prendere ricciole di oltre 30/40 chilogrammi ma appena allami un pesce rischi che uno squalo lo attacchi. E’ per questo che non amo particolarmente le acque profonde australiane.
5- Cosa ci puoi dire sulle spiagge e in generale l’ambiente australiano?
Sulle spiagge e l’ambiente potrei dire mille cose: ne sono veramente innamorato perché sono pure e immacolate. C’è una biodiversità molto importante e l’inquinamento in tanti punti non esiste. Puoi provare un sacco di tecniche e avrai molte speranze di successo. Ovviamente c’è ricchezza di pesce perché ci sono leggi estremamente ferree: ad esempio a novembre c’è il fermo pesca per i pesci demersali come i dentici. Vi assicuro che qui tutti rispettano il fermo. E se lo peschi casualmente lo devi immediatamente liberare. Non a caso tanti pescatori evitano di andare a pescare in questo periodo. Stesso rispetto che c’è per la taglia minima di cattura. Ti danno diversi libri e degli sticker da attaccare dove è più comodo in modo da avere sotto occhio immediato i valori delle taglie. Pensa, una multa per non rilasciare un pesce sotto taglia parte da cinquemila dollari! Inoltre qui in Australia ci sono le “bag limits” cioè il numero massimo di esemplari sopra la taglia minima che si possono catturare. Per i dentici australiani la bag limits è due esemplari. E non voglio dilungarmi delle tante specie protette. Inoltre un’altra cosa che mi ha colpito è l’assenza delle reti sotto costa. Le reti possono essere posate oltre un chilometro da riva. Lo stesso limite è imposto alla pesca subacquea. Non a caso quasi tutti escono in barca per praticare la pesca in apnea.
L’intervista con Nunzio finisce qui. Guardando la gallery qui sotto, sembra che si stia divertendo nel nuovo continente. Ha realizzato un po’ il sogno nel cassetto di tutti noi pescatori sportivi e ricreativi. Ammetto di aver un po’ sognato mentre scrivevo questo articolo. Grazie Nunzio per la tua testimonianza e buona fortuna per le tue avventure australiane!